Verso la Valle Sacra degli Inca e Machu Picchu

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di FEDERICO PACE

Si direbbe un tram. Una specie di trenino dai vagoni rossi e gialli. Un giocattolo e niente più. Eppure mette in contatto due città, una viva e una morta. Due città che portano la memoria e le ferite di un intero continente. Un trenino che unisce due città di un impero che non c’è più. Centosette chilometri. Tanti sono quelli che separano Cuzco, la capitale di quello che fu l’impero dei guerrieri Inca, dalla città morta di Machu Picchu. I convogli ferroviari partono un paio di volte al giorno e impiegano tre ore e mezzo per portare fino ai resti dell’antica città-fortezza.

IN LIBRERIA:
—>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)
—>> “La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)
—>> “Controvento”, Federico Pace (Einaudi): in libreria dal 16 maggio 2017

Arrivano quasi fino alle «pietre bianche» che formano quelle linee perfette scoperte nel 1911 dallo statunitense Hiram Bingham mentre era alla ricerca di Victos, la misteriosa capitale dove s’asserragliò Manco, l’ultimo capo Inca che provò a reggere le vestigia di quell’impero dopo Atahaualpa e Tùpac Amaru. Victos, la città dove Manco cercò rifugio e dove, deciso a usare una tattica elusiva, sperò di sconfiggere gli spagnoli. La città che l’antropologo Alfred Métraux, chiamò la capitale della dissidenza Inca.

La costruzione della linea ferroviaria cominciò qualche anno dopo la scoperta. I lavori presero il via nel 1914 ma il primo tratto venne terminato solo cinque anni più tardi. Si dovette però aspettare il 1929 prima che prendessero il via anche i lavori per raggiungere Aguas Calientes, l’ultimo villaggio prima di Machu Picchu. Il convoglio, tre vagoni colorati, procede a una velocità di circa 30 chilometri all’ora e si muove lungo idas y vueltas continue. Sembra portare con sé una stanchezza atavica. Questi vagoni sono stati prodotti altrove. Forse a Singapore. Ci si chiede dove abbiamo viaggiato prima di arrivare fino a qui. Su quali rotaie. Quali i passeggeri e di quale lingua. Come le fabbriche che dall’antica Europa migrano in Cina o in India, smontate pezzo a pezzo e poi rimontate, anche i treni vanno a vivere un’altra vita nei mondi che stanno lontani dai centri del potere.

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Una volta lasciata Cuzco il treno comincia a salire. Nei piccoli centri dove il convoglio si ferma, uomini e donne si avvicinano ai finestrini per vendere i tessuti colorati lavorati a mano. Poi, si scende verso la Valle Sacra degli Inca. Davanti a una vegetazione esuberante, il treno corre di fianco al fiume Urubamba. È una terra vertiginosa, qui il regista tedesco Werner Herzog venne a girare il film Aguirre furore di dio che narrava la biografia inventata di un fantomatico Lope de Aguirre. La storia era ambientata ai giorni in cui la Spagna guidata dal governatore Francisco Pizarro distruggeva, davvero, l’impero degli Inca. Quando gli spagnoli conquistarono il Perù non si resero subito conto di avere trovato la terra degli ori e degli argenti che avevano cercato a lungo. Quando Hiram Bingham venne guidato fino a qui dagli indigeni, anche lui, prima di essere «colpito dagli stipiti e dagli architravi delle porte trapezoidali in granito di un bianco marmoreo», non si capacitò subito di avere trovato quel che aveva davanti gli occhi.

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Quando Francisco Pizarro entrò a Cuzco i soldati saccheggiarono anche il Tempio del Sole. Lo scrittore Miguel León Portilla in Il rovescio della Conquista. Testimonianze azteche, maya e inca scrive che «i soldati in cotta di maglia calpestavano gioielli e immagini, pestavano gli utensili d’oro o li prendevano a martellate per ridurli a formato più maneggevole… Gettavano nel crogiolo, per ridurre il metallo a barre, tutto il tesoro del tempio; le placche che avevano coperto i muri, i meravigliosi alberi forgiati, gli uccelli e gli altri oggetti del giardino». La brama spinse a cancellare ogni cosa, come se di quell’oro valesse molto solo il carato e non l’opera, la memoria, la cultura che in quelle forme persistevano e si tramandavano. Métraux racconta che solo tre spagnoli poterono davvero vedere quanto fossero meravigliosa Cuzco prima che questa venisse distrutta. Erano andati lì per sollecitare il riscatto promesso dall’imperatore Atahualpa a cui però non valse la vita.

 

Lo scrittore uruguayano Edoardo Galeano ricorda a che a Cuzco i conquistatori buttarono giù quasi tutto. Ma non riuscirono ad abbattere sino in fondo le mura gigantesche. Ancora oggi si possono vedere, ai piedi degli edifici coloniali, «le testimonianze di pietra della grandiosa architettura incaica». Il piccolo convoglio non arriva a Machu Picchu ma si ferma ad Aguas Calientes. Questo treno senza capolinea, questo convoglio che si arresta a un passo dalla città segreta, lascia la sensazione che tutto quello che si vede a Machu Picchu e a Cuzco sia solo una parte infinitesima di tutto quello che si sarebbe potuto vedere.

IN LIBRERIA:
—>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)
—>> “La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)
—>> “Controvento”, Federico Pace (Einaudi): in libreria dal 16 maggio 2017

GLI EBOOK:
—>>>Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza” (Einaudi)
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

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NOVITA’:
Il nuovo libro di Federico Pace, “Controvento” (Einaudi), sarà in libreria a partire da martedì 16 maggio 2017.