I viaggi di notte e gli oceani di barbabietole

trenonotte4SV

di FEDERICO PACE

Pare di tornare bambini quando di notte in treno si è in compagnia di persone care. Si rimane tutto il tempo a parlare. Così come si faceva, tra fratelli e sorelle, quando si rimaneva al buio nella stanza, liberi dallo sguardo protettivo dei genitori, a confessarsi ogni cosa. Le piccole malefatte compiute di giorno, i timori e i sogni per il futuro. Andare da Parigi a Praga è come compiere una specie di viaggio nella memoria di un continente che è stato a lungo separato da una cortina di ferro. Si parte dalla Gare de l’Est. La stazione è un monumento disegnato, alla metà dell’800, dall’architetto François Duquesney. E’ l’idea di stazione che prende forma. Un edificio-monumento alla testa dei binari. Un modello che poi replicarono quasi tutte le grandi città del mondo. Un grande edificio-atrio che accoglie chi parte con un colonnato, quattro padiglioni rinascimentali e l’orologio sulla facciata con le due statue sdraiate. Sono la Senna e il Reno. I fiumi e il tempo. Una volta dentro si intravedono i tanti binari che come code lunghissime fuggono verso l’orizzonte. La luce, nel grande atrio, filtra e cade dalla volta in vetri come una cascata luminosa.

IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

Nelle foto di Robert Doisneau, Frank Horvat e Marc Riboud la folla che passa nelle stazioni pare prendere vita grazie a questa luce e possedere un’anima fantasmatica. Lungo questa ferrovia si acciuffa un filo che riconduce allo scrittore ceco Milan Kundera. Il personaggio di un suo libro afferma che “la lotta dell’uomo contro il potere è la lotta della memoria contro l’oblio”. Quando all’inizio del 1968 la Cecoslovacchia parve potersi liberare dalla stretta di Mosca, Kundera era tra i protagonisti di quella battaglia di libertà che venne poi chiamata la primavera di Praga. Da quella città, Kundera manda un invito a tre scrittori che si trovavano tutti nella capitale francese. Sono il messicano Carlos Fuentes, l’argentino Julio Cortázar e il colombiano Gabriel García Márquez. Tutti loro sapevano bene cosa volesse dire vivere sotto una dittatura, forse per quello Kundera pensò a loro. I tre, pure se avevano una grande paura di volare, decisero di andare. Senza alcun dubbio. In fondo c’era un buon treno che li avrebbe portati fino a lì. C’è quasi sempre un treno a salvare chi ha paura di un aereo.

Oggi per attraversare il cuore dell’Europa si impiegano poco più di 13 ore. Il treno, un Ice ad alta velocità delle ferrovie tedesche, che può superare anche i trecentoventi chilometri orari, lascia la stazione di Parigi poco dopo le cinque del pomeriggio. Si dirige verso le terre della Champagne. Poi l’Argonne e la Lorena. A Forbach passa il confine con la Germania verso le sette e arriva a Saarbrücken. A Francoforte si giunge poco dopo le dieci. Anche Julio, Carlos e Gabriel partirono di sera, ma pare che non chiusero occhio neppure un minuto. Qui, lungo questi binari, il percorso è obbligato ed è il medesimo ogni volta, eppure a ciascuno pare di percorrere una strada diversa. Ciascuno alza il capo dal finestrino in un dato momento per guardare di fuori e vede una casa che è sfuggita all’altro. Ciascuno ha i propri pensieri. Ciascuno viaggia con una donna o amici diversi e ascolta, o racconta, storie diverse. García Márquez, in quel viaggio notturno, dal finestrino riuscì a vedere oceani di barbabietole e fabbriche di ogni tipo.

Quando stavano per addormentarsi, quando la notte stava per sopraggiungere, a Fuentes venne voglia di chiedere a Cortázar delucidazioni sul ruolo del pianoforte nelle orchestre jazz. Sono curiosità che si possono soddisfare solo a un passo dalla notte. Lo scrittore argentino, che si autodefiniva ostinato abitante di zone interstiziali, non smise più di parlare. Da quel momento Cortázar, che aveva chiamato il gatto come un filosofo (Theodor W. Adorno), ipnotizzò i due compagni con la sua voce e il suo modo di gesticolare saltando da un argomento all’altro. Fuentes ha ricordato che nel vagone ristorante, mentre mangiavano salsicce con mostarda e bevevano birra, lui e García Márquez, come due fratelli minori, stettero ad ascoltarlo per tutto il tempo. Cortázar parlò, senza sosta, di jazz e cinema, di thriller e treni. Intanto, nella notte, il treno sale verso la Turingia, attraversa la Selva e scende verso Lipsia dove arriva verso le quattro di notte.

nightrain10SV

Come l’Unione europea che cerca verso Oriente una nuova forma, il treno cerca la strada in quella oscurità densa. Il treno arriva in Sassonia e tocca Dresda alle quattro del mattino. All’alba, ha raccontato Márquez, la prolusione di Cortázar culminò in una sorta di “apologia omerica di Thelonius Monk”. Il treno oggi entra nella stazione di Praga Holesovice. In quel viaggio del 1968, quando il convoglio arrivò in stazione, i tre trovarono Milan Kundera ad aspettarli. Di lì andarono in una sauna. Tutti, tranne Cortázar. Pare avesse, il genio argentino, una forma di timore che lo teneva lontano, oltre che dagli infernali velivoli, anche dai bagni di vapore e dalle docce fredde. Lo scrittore ceco li accompagnò poi al fiume Moldava dove li spinse nelle acque gelide. Quando uscirono dal corso d’acqua, Márquez disse a Fuentes: “Per un istante ho creduto che saremmo morti insieme nella terra di Kafka”.

Il 21 agosto del 1968 l’Armata russa entrò a Praga e cancellò tutto. Nelle immagini dell’epoca, riprese dal reporter Ferdinando Scianna, si vedono i praghesi vestiti con maglioni o in maniche di camicia tirate su che si stringono con fare pacifico intorno ai carro armati. Sembrano sorpresi più che infuriati. Increduli a quella vista. L’invasione c’era stata davvero. Forse anche loro, come chi viaggia in treno, avevano trascorso la notte precedente, senza prendere sonno, a parlare di quel che li attendeva e di quello che speravano il destino stesse predisponendo per loro. Qualche anno dopo, l’autore ceco fu costretto a lasciare l’allora Cecoslovacchia. Scelse Parigi. A Praga era stato annichilito e i suoi libri banditi. Si sarebbero dovuti aspettare più di vent’anni prima che Dubcek potesse tornare a parlare di diritti ai cittadini liberati. Dei quattro uomini legati a quel viaggio notturno, solo Julio Cortázar, proprio quello che non smetteva di parlare per un solo istante, non ha potuto vedere lo sbocciare tardivo di quella primavera. Cortázar, il compagno ideale di ogni viaggio notturno in treno, è finito in interstizio di tempo a noi inaccessibile il 12 febbraio del 1984. Pochi giorni prima, il nove febbraio, era morto il segretario del Pcus Jurij Andropov. L’indomani, il 13 febbraio, sarebbe stato eletto Kostantin Cernenko. Sarebbe bastato ancora un anno per assistere all’arrivo di Michail Gorbaciov.

IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)

—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

L’EBOOK:
—>>>Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza” da Einaudi
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

CONTATTI:
Email: federico.pace@senzavolo.it

SOCIAL NETWORK:
https://twitter.com/FedericoPace_
La pagina di Senza volo su Facebook

NOVITA’:
Il nuovo libro di Federico Pace, “La libertà viaggia in treno” (Laterza), è in libreria a partire da giugno 2016.