La breve distanza

di FEDERICO PACE

Alcuni pensano al viaggio come a una performance fisica, ad un’attività dal sapore vagamente atletico, tanto da ritenere che per quell’esperienza sottile dell’andare e venire per i luoghi del mondo si debba necessariamente attraversare un’infinità di terre. Si direbbe quasi che, dentro all’organo remoto che registra i sussulti e le emozioni, ci sia una specie di contachilometri che permette all’emozione di sbocciare solo dopo che si sia superata una soglia minima di percorso. E che si debbano così, a ogni costo valicare ogni volta, estreme distanze e mettere a dura prova le proprie capacità di resistenza per fare uscire dal letargo quell’occhio interiore, di cui non conosciamo la collocazione, che osserva e s’emoziona. Pare quasi che in un luogo, per potersi meravigliare, per poter provare stupore o un sussulto del cuore, ci si debba per forza giungere da estranei, da remoti cittadini di altri mondi con in tasca oggetti che nessuno riconosca. In questo modo, se la traversata deve essere immane, la prova fisica di resistenza, lo sforzo del corpo assurge a unica tangibile misura dell’intensità del viaggio. Eppure pare che, quell’organo interiore che osserva e s’emoziona, possa mettersi in moto a ogni ogni passo, anche nelle pieghe di un tempo più minuto e in spazi meno estesi.

IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

Al Corno d’Oro ci avvicina scivolando lentamente nelle sue interiora d’acqua a bordo di uno di quei traghetti che i turchi utilizzano per muoversi nella città ed evitare il traffico nelle ore di punta. Uno di quei battelli che ogni giorno compiono un approdo in meno di un’ora e nel breve spazio di quattro miglia nautiche. Il traghetto che porta fin dentro il Corno d’Oro parte dalla sponda anatolica del Bosforo, da Üsküdar, il quartiere residenziale tra i più antichi di Istanbul che fu per primo conquistato dagli Ottomani. Con una fermata, arrivando a Karaköy, il quartiere commerciale nel distretto di Beyo_lu, si è già in Europa e si bordeggia la Samotracia. Qui c’era già un porto ai tempi dei bizantini e ci vissero genovesi, venzeziani e catalani. La fermata successiva è quella di Eminönü, il cuore della città, il punto dove la capitale bizantina venne costruita. Da qui tutta la città sfila sulla sinistra. Sopra la collina, si vedono la Moschea blu, Hagia Sophia e il palazzo Topkapi.

Quando Edmondo De Amicis arrivò a Istanbul, al primo barlume del giorno, salì sopra coperta, ma ad accoglierlo trovò la nebbia. Intravide appena un minareto e rimase deluso, almeno fino a quando il capitano della nave lo prese per il braccio e gli indicò dove guardare. Così scoprì la basilica di Santa Sofia. «Un’ombra enorme, una mole altissima e leggiera» e poi le cupole grandiose, e i minareti fitti e confusi come una foresta di gigantesche palme senza rami e la moschea del Sultano Ahmed, la moschea di Bajazet e la moschea di Solimano. «Le mura fosche e le sue case di mille colori».

Lo scrittore turco Orhan Pamuk, che ha vissuto quasi esclusivamente a Istanbul, salì su uno di questi traghetti dopo una delusione d’amore quando aveva ancora meno di venti anni. Era uno studente di architettura e sognava di diventare un grande pittore. Scendendo verso l’attracco del battello provò la sensazione di entrare in un altro tempo, in un tempo passato, mentre la città, poco sopra, dava l’idea di riuscire a rimanere nel presente. Era appena trascorso un istante da quando aveva comperato il biglietto, che l’organo che osserva e s’emoziona s’era già messo in moto. La fermata successiva è al quartiere di Kasimpasa. Poi Fener, con le case in legno, le chiese e le sinagoghe. È qui che, dopo la caduta di Costantinopoli, vissero i greci che rimasero in Turchia. Poi Balat, un tempo quartiere ebraico di Istanbul, Hasköy e Ayvansaray.

È come attraversare un intero universo, uno spaccato infinito di civiltà e culture. Il traghetto si ferma a Sütlüce e infine arriva a Eyüp. A Pamuk, fino ad allora, quel quartiere pareva una fantasia chiusa, misteriosa, religiosa, lontana dal fasto di Istanbul. Quando arrivò al termine di quel piccolo viaggio di oltre trent’anni fa, ebbe termine anche la sua malinconia. In quel panorama di rovine e storia capì «di amare Istanbul proprio per i suoi ruderi, per la sua malinconia, e per il fatto che avesse perduto il prestigio di un tempo». A volte, anche durante un cammino breve, nel limitato spazio che si impiega per colmare una distanza minuta, anche tra una fermata e l’altra del percorso di un mezzo pubblico che attraversa il cuore della città in cui si vive, si può celare l’ipotesi di un viaggio e scoprire che è possibile approdare.

IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)

—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

L’EBOOK:
—>>>Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza” da Einaudi
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

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NOVITA’:
Il nuovo libro di Federico Pace, “La libertà viaggia in treno” (Laterza), è in libreria a partire da giugno 2016.