Il viaggio degli Argonauti e un’altra Europa

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di FEDERICO PACE

Quando al ritorno da un viaggio, infiliamo le chiavi nella toppa della porta, al momento in cui dischiudiamo appena quella soglia, si ha sempre, anche solo per un istante, la sensazione che quella non sia la nostra abitazione. Si pensa quasi di avere sbagliato piano o edificio. E mentre facciamo un solo passo, con il timore di sembrare troppo invadenti in quella che un tempo ritenevamo essere casa nostra, proviamo quasi la sensazione che stiamo entrando nella dimora di uno sconosciuto. Procediamo allora lentissimi e ci sorprendiamo alla vista di quegli spazi mai visti e ora così minuti. Pensiamo che il ritorno, beffardamente, sembra quasi volerci concedere un’ultima coda di stupore. Allora poi, solo dopo un passo, rimaniamo fermi e, nel silenzio delle mute pareti che stanno diritte e distanti, ci accorgiamo del leggerissimo disallineamento in quel pianeta che era la nostra casa. Di uno slittamento millimetrico che, allo stesso tempo, ci fa sembrare estraneo e nostro ogni singolo angolo di quello spazio domestico. Quando stiamo lì, poco prima di scoprire se nella camera da letto c’è un altro io che dorme al posto nostro, non sappiamo ancora se, nel tempo del viaggio, quel che abbiamo perduto è stato superiore a quello che abbiamo guadagnato.

IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

Le acque di un fiume, più di ogni altra cosa, paiono quasi impietosamente rammentare quanto sia naturale, con il procedere dei giorni, perdere molte cose e trovarne di altre. C’è un fiume che, in Europa, va da Ovest verso Est, un grande fiume le cui acque vanno lì verso dove sorge il sole. Il Danubio che porta le sue acque fin dentro al mar Nero, un bacino che non possiede sbocchi, uno specchio d’acqua che non ha luoghi dove andare. A dispetto di altri grandi fiumi, come il Reno o la Senna, il Danubio non s’apre verso il mare aperto, ma pare andarsi a inabissare nel cuore muto dell’Europa orientale. Da Linz prende le mosse il battello che arriva fino a Tulcea, la città a pochi passi dal grande delta del fiume. Subito dopo la partenza ci s’inoltra nella valle di Wachau insinuandosi tra le pendici delle Alpi. Il Danubio è il fiume delle tante genti. Attraversa la Germania, l’Austria, la Slovacchia, l’Ungheria, la Croazia, la Serbia, la Romania, la Bulgaria, la Moldavia e l’Ucraina e pare uno spazio quasi impossibile da abbracciare.

Inge Morath, fotografa dell’agenzia Magnum dal 1952 e sposa del drammaturgo statunitense Arthur Miller, intraprese un viaggio lungo una vita intera per ritrarre il procedere del fiume. «Un giorno, – ha detto la Morath, – nel maggio del 1958 ho capito che seguire il Danubio dalle sue origini fino al suo delta, nelle mia mente, era qualcosa di inevitabile». A quei tempi però, sei delle nazioni attraversate dal fiume erano sotto il regime comunista e non era facile per una fotogiornalista occidentale bordeggiare quelle coste tanto che solo nel 1995 riuscì a condurre a termine l’impresa.

La navigazione fluviale prosegue passando Mauthausen dove, negli anni dell’allucinata furia del potere nazista, in un campo di concentramento sono morte più di centodiecimila persone. Poi le praterie di Tulln. Da queste parti l’etologo Konrad Lorenz compì le sue scoperte. Poi Vienna. Qui, nel luglio del 1924, salì a bordo l’allora diciannovenne Elias Canetti. Aveva appena terminato il suo primo semestre di studi di chimica all’università. Studi che non lo entusiasmavano quasi per nulla. Li aveva accettati solo sotto la spinta della famiglia. Tornava a casa in quel modo per rivedere il più elevato numero di parenti possibile. Ma più di ogni cosa non vedeva l’ora di fare quel viaggio «all’ingiù» sul Danubio.

In una immagine della Morath del 1961 si vedono alcuni bambini fare il bagno tra le rive che attraversano il Prater. C’è una sensazione di pace, di bucolica felicità. Da allora il Danubio è divenuto sempre più inquinato. Lorenz, che capiva di navigazione fluviale ed era in possesso di un brevetto per capitano di battelli, combatté strenuamente negli anni Ottanta per impedire la costruzione di una centrale elettrica sul Danubio, a Hainburg, nell’Austria inferiore, che avrebbe determinato la distruzione di uno dei più interessanti paesaggi rivieraschi austriaci.

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Prima di entrare in Slovacchia il battello, che va a una velocità media di circa venti chilometri all’ora, passa nello spazio stretto concesso dai Carpazi orientali e poi segue il confine con la Slovacchia a Nord e l’Ungheria a Sud. In quel viaggio Canetti stette per molto tempo in coperta anche perché lo zio adorava raccontare storielle e cercava persone che lo ascoltassero. Il fiume piega con un gomito verso sud ed entra deciso nelle pianure ungheresi. Al quarto giorno di viaggio ci si ritrova Buda sulla riva destra e Pest su quella sinistra. «Il battello, – scrive Canetti, – era pieno zeppo, un numero incalcolabile di persone stavano sedute o accampate in coperta, ed era un vero piacere serpeggiare da un gruppo all’altro ascoltando i loro discorsi. C’erano studenti bulgari che tornavano a casa per le vacanze, ma anche gente che lavorava già, come ad esempio un gruppo di medici che avevano rinfrescato le proprie conoscenze in “Europa”».

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Il fiume abbandona subito l’Ungheria e traccia il confine tra Serbia e Croazia. E in questo essere quasi sempre «confine», il Danubio ribadisce la sua natura di frontiera, la sua natura di luogo che, allo stesso tempo, separa e unisce. Si arriva a Vukovar, devastata dalla guerra e al sesto giorno si tocca Novi Sad. Qui durante la guerra in Bosnia, il traffico fluviale venne interrotto quando la campagna della Nato distrusse otto ponti di cui tre a Novi Sad. Venne ristabilito completamente solo nel 2005. A Belgrado, al settimo giorno di viaggio, il Danubio ha colmato solo la metà della distanza che la separa dal delta. Il fiume attraversa la Catena dei Balcani e le Alpi Transilvaniche e arriva alle gole profonde. Poi, all’ottavo giorno di viaggio, si arriva alle Porte di Ferro dove la distanza da una sponda all’altra si stringe in maniera impressionante.

Da Vidin a Silistra il Danubio torna a tracciare un confine: quello tra Romania e la Bulgaria. Poco prima di scendere dal battello, Canetti incontrò il medico che lo aveva fatto nascere che lo spronò a non tradire quel che aveva dentro. In quel ritorno a casa, Elias sembrò lasciarsi alle spalle qualcosa e iniziare il viaggio che lo avrebbe portato verso la scrittura e lontano dalla chimica.

Da qui l’inquinamento, se possibile, si fa ancora più evidente. Nelle foto della Morath, quasi tutte del 1994, c’è molta mestizia, cime di fabbriche che emettono gas, uomini vicini alle barche vuote a Borea, i villaggi di pescatori a Jurilovka dove i «pesci scompaiono e muoiono». Dopo aver toccato il grande porto di Rousse e poi Giurgiu, l’undicesimo giorno di viaggio si arriva a Tulcea poco prima che il Danubio faccia perdere le tracce di sé in quel delta immane. «Nessuno, – scrive la Morath, – sa dove finisce davvero il Danubio».

Nel film Lo sguardo di Ulisse girato nel 1995 del regista greco Theodoros Angelopoulos, mentre il protagonista insegue le tracce delle bobine dei pionieristici fratelli Manakias che ritrassero per primi i Balcani, si vede un’immane statua di Lenin su di una chiatta che, in una specie di funerale fluviale di un intero continente, si insinua attraverso lo spazio stretto di queste gole e risale il fiume per andare in Germania a consegnare quel grande corpo «buono solo per i collezionisti».

Secondo la leggenda, quando gli Argonauti tornarono a casa, quando furono sulla via del ritorno del loro viaggio che alla ricerca del Vello d’oro li aveva portati a toccare Lemno, Samotracia, l’Ellesponto, il Bosforo, il Ponto, fino alla Colchide, risalirono il Danubio fino al punto più vicino all’Adriatico. Da lì trasportarono la nave Argo a forza di braccia fino a raggiungere il mare. Al poeta tedesco Hölderlin, che al Danubio ha dedicato un ciclo di poesie, piaceva l’idea di un Danubio che corresse all’inverso. E che dal mar Nero andasse verso la Germania portando con sé lo splendore greco nel fondo della Foresta Nera. Sarebbe stata forse un’altra Europa.

IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)

—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

L’EBOOK:
—>>>Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza” da Einaudi
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

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NOVITA’:
Il nuovo libro di Federico Pace, “La libertà viaggia in treno” (Laterza), è in libreria a partire da giugno 2016.