In bici nella Loira tra Beckett e Truffaut

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di FEDERICO PACE

C’è modo e modo di prendere una curva. C’è quello macchinoso, impacciato e poligonale di un camion che fa sussultare il motore per portare la sua carcassa rigida al di là del gomito di strada. C’è quello carburatorizzato, supersonico e pneumatico di una macchina che ad alta velocità, nonostante la forza centrifuga voglia farle sperimentare il vuoto inesplorato di un burrone, si ostina a rimanere avvinta al manto granuloso d’una strada. C’è poi, infine, quello lieve e sussurrante di una bici che in terra disegna quasi una virgola sulla piega della strada, per scomparire silenziosamente dietro l’angolo, mentre i raggi s’incrociano nell’aria di un cerchione. È quel frusciare lieve che si sente lungo la pista ciclabile di centoventi chilometri che in Francia, costeggiando il fiume della Loira, lì tra la Turenna e i Castelli, porta da Tours ad Angers.

IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

Nella valle della Loira oggi affittare una bici costa pochi euro. Quando Samuel Beckett venne a Tours, nell’agosto del 1926, seppure a quei tempi avesse appena scoperto le moto, affittò anche lui una bici per provare a muoversi nel modo migliore. A ognuno capita, prima o poi, per una ragione o un’altra, di rimanere stregato dal soffio di una bici. Nel primo cortometraggio del regista francese François Truffaut, i piccoli monelli che ne sono i protagonisti rimangono sedotti dalla «sensualità luminosa» della bella Bernadette che su di una bici gira per le strade della Francia della fine degli anni Cinquanta. È così sublime quella visione, che trascorrono intere giornate a guardarla volare «vestita di chiaro verso i suoi piaceri» e a ordire dispetti contro di lei perché, non potendola amare, a loro non resta che odiarla.

Poco dopo Tours nella Loira affluiscono l’Indre e la Vienne. Ci sono le meraviglie dello Château de Villandry, lo Château del Langeais, Château de Azay-le-Rideau, Château d’Ussé. Non sappiamo quanto spese Beckett quando decise di fare quel viaggio. Voleva visitare le città della Turenna, i castelli della Loira anche se mancavano ancora settantaquattro anni alla decisione dell’Unesco di riconoscere a questo posto il titolo di bellezza inestimabile da proteggere per tutti quei castelli, le città, i paesi antichi e i campi coltivati. Voleva rendere omaggio alla memoria del poeta del Rinascimento Pierre de Ronsard, vedere la Chinon per Rabelais, stare almeno qualche istante a La Flèche per Cartesio e, pensando a Honoré de Balzac, si proponeva di attraversare la valle dell’Indre, dormire a Tours e girare per Saumur e Vendôme. Per quel pellegrinaggio, quell’irlandese dal viso da albatro, scelse la bici anche per trovare un poco di sollievo a quella «vecchia combustione interna del cuore». Qualche mese prima, per la prima volta, durante una notte il cuore aveva iniziato a palpitare sempre più velocemente.

Lungo questo percorso, punteggiato da castelli, ogni cinque chilometri c’è un punto di sosta, un paese, un negozio dove riparare una bici. Il tempo sembra suddiviso nei brevi passi che possono essere compiuti dalla biruote. Tours, quel centro medioevale con la Place Plumerau, la Torre di Carlomagno, la Cattedrale St-Gatien e il castello reale, fu il punto di partenza e di arrivo del viaggio di Beckett. C’è nella bici una specie di proprietà lenitiva. Essa appare leggera, e si direbbe una specie di unica e miracolosa combinazione dove la meccanica invece di essere pesante, come in molte altre opere dell’uomo, ha la levità di una nuvola. A lungo l’uomo ha cercato di trovare quel meccanismo che potesse muoverlo senza dover utilizzare alcun’altra energia se non la propria forza. Per primo ci riuscì un tedesco, ma per chissà quale ragione, non ebbe l’ardire di pensare anche ai pedali. Per quelli si dovette aspettare un francese.

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Nell’opera che Beckett scriverà venticinque anni dopo quel viaggio, come se volesse rendere un omaggio a quel mezzo così inoffensivo, ai due protagonisti trasferì una profonda passione per la bicicletta. Essi quasi non si riescono a pensare senza la speranza che offre loro una bici. Molloy, che senza di lei non riesce a muoversi, confessa come suonare la cornetta della bici, che aveva al posto del campanello, fosse per lui una voluttà tale da arrivare a confessare che «se dovessi redigere la graduatoria delle cose che non mi hanno rotto troppo le palle nel corso della mia interminabile esistenza, l’atto di suonare la cornetta si piazzerebbe a un posto onorevole».

Lungo il percorso si incontra Chinon, la rocca medioevale di Rabelais, l’Abbazia di Fontevraud, e poi Saumur con il castello. E infine le muraglie della fortezza di Angers. Alla fine di quel viaggio, l’entusiasmo di Beckett per la Francia e il gusto di parlare la lingua, praticato ogni giorno nei caffè e nelle pensioni ad ogni sosta tra una pedalata e l’altra, crebbero d’un grado che lo spingeranno poi a sceglierla come seconda patria. In quella stessa Europa, attraversata da Beckett in un piccolo spazio verde su di una bici, altri vissero seguendo più cupe inclinazioni. Agli inizi di luglio di quello stesso anno Adolf Hitler, appena trentunenne, uscito da tempo dalla penombra del suo anonimato di provincia, andò a Weimar per celebrare la vittoria conseguita al congresso del Partito nazista che lo aveva appena eletto suo supremo leader. Il dittatore spagnolo Primo de Rivera firmò un trattato di amicizia con l’Italia fascista e in Portogallo i militari fecero un colpo di stato.

In quella estate sulla bici intorno alla Loira, Beckett provò una leggerezza che difficilmente avrebbe provato in seguito nella vita. Dopo quel viaggio, nei giorni che sarebbero venuti in un’Europa che s’andava incupendo, i suoi ricordi avrebbero preso un sapore amaro. Un sapore simile a quello che proverà uno dei monelli di Truffaut quando, dopo una tragedia, vedrà scomparire per sempre la bella amica dal cielo dell’infanzia così «come spariva sulla bicicletta, agli angoli dei viali, la sua bella figura dalla gonna svolazzante».

IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)

—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

GLI EBOOK:
—>>>Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza” da Einaudi
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

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NOVITA’:
Il nuovo libro di Federico Pace, “La libertà viaggia in treno” (Laterza), è in libreria a partire da giugno 2016.