Da Parigi a Cracovia, le luce e il tempo

di FEDERICO PACE

La destinazione è Cracovia e per arrivare fino a lì, dalla capitale francese, nel sud dove i Carpazi cominciano a lasciare spazio alle distese delle pianure, ci si mette poco più di un giorno. Dalla stazione internazionale delle autolinee di Paris Gallieni, a Bagnolet, l’autobus parte alle due del pomeriggio. È uno di quei pullman della Eurolines, la compagnia che mette in contatto tutti i capillari della Vecchia Europa per chi preferisce la rete di arterie stradali agli azzardi aerei dei velivoli e alla ferroviaria monotonia dei binari dei treni. Subito dopo la partenza, mentre sul finestrino la realtà pare cominciare ad agitarsi, dopo avere impugnato una macchina digitale, si scatta qualche foto. Lo si fa pure se si sa già che, al ritorno, quando ci si ritroverà a riguardare tutte le immagini del viaggio, sembrerà di non riuscire a ricomporre alcun quadro completo di tutto quello che si è visto.

IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

Deposte su di un tavolo, o nella digitale brillantezza dello schermo del computer rischieranno di sembrare tante piccole tessere di un puzzle sempre incompleto. Si sa già che qualcuno le guarderà con indifferenza, altri con curiosità, e che sarà difficile riannodare il filo del legame con quei luoghi e le persone che sono andate a impressionare la pellicola. Ma non è facile rinunciare a quel tentativo di trattenere un po’ di tempo e un po’ di luce.

Il bus va verso la Borgogna. Passa prima Digione e poi Reims. La macchina si tiene quasi sempre a tracolla, pure quando si sta in autobus. E si continua a rompere la noia del viaggio cercando di infilarsi con l’obiettivo nella stretta fessura che il mondo pare schiudere ogni tanto. Si scatta e non si sa neppure cosa si sia riusciti a ritrarre. Alle volte, quando si rientra in casa, quando il viaggio è terminato, in quelle immagini si ritrovano cose che non si erano neppure riuscite a vedere.

Si prosegue mentre nella Lorena la luce del giorno comincia a sparire, poi verso Nancy che sta raccolta tra la Mosella, la Meurthe, e il canale navigabile del Marna-Reno. Poi Strasburgo alle nove di sera. Nel film La doppia vita di Veronica che Krzysztof Kieślowski girò tra Parigi e Cracovia ci sono due giovani donne, con lo stesso volto dalla dolente Irène Jacob, legate l’una all’altra da un legame insondabile. Una, Véronique, vive a Parigi, l’altra, Weronika, a Cracovia. Quando la prima arriva a bordo di un pullman nella piazza del mercato di quella città attraversata dalle proteste popolari, ritrae senza rendersene conto il volto sorridente della sua gemella Weronika che sta andando incontro a un cupo destino.

Nella notte l’autobus attraversa la Germania e prosegue verso Est. Al mattino è già in Polonia. Alle nove arriva a Boles¬awiec, poi Legnica, Wroc¬aw e all’una a Kędzieryn Koźle. La poetessa Wis¬awa Szymborska lungo quella strada che unisce Cracovia e Parigi si è messa in viaggio per la prima volta nel 1957 insieme con tre colleghi polacchi dell’unione scrittori. È possibile che lei, durante quel primo pellegrinaggio nella capitale della cultura europea, e in quelli che intraprenderà negli anni successivi, sia riuscita a resistere alla tentazione di ritrarre alcune fotografie. In una poesia scrive: «Tutto è mio, niente mi appartiene, nessuna proprietà per la memoria, è mio finché guardo». E poi subito dopo pare dire quanto sia difficile perpetuare quel che si vede al di là del puro presente. «Neppure un filo d’erba conserverò visibile. Benvenuto e addio in un solo sguardo. Per l’eccesso e la mancanza di un solo movimento del collo».

POLOSV

Il bus passa poi per Katowice e infine arriva a Cracovia venti minuti prima delle quattro del pomeriggio. Alla fine del film di Kieślowski, Véronique ritrova l’immagine dove è stato ritratto l’ultimo sorriso di quella sua gemella polacca e pare afferrare, dopo tutto quel tempo, per la prima volta il filo che la legava a quel luogo e a quella persona. Quando Giorgio Manganelli che a lungo venne trattenuto e aggredito dalla fobia del viaggio tanto da circoscrivere i suoi movimenti a quelli che si svolgevano nello stretto spazio delimitato dall’itinerario del filobus numero 62 che a Roma lo portava da via Nomentana a piazza San Silvestro, decise infine di viaggiare, inevitabilmente si interrogò su quel lento e faticoso percorso che fanno le immagini per andare dalla realtà alla memoria. In uno dei suoi diari di viaggio ammise che ciascun viaggiatore «assiste, impotente, alla trasformazione delle immagini concrete e tangibili in ricordi, fantasmi, profili di fumo». Poi, quando pare voler dire che tutto va perduto rendendo vano il rutilante movimento che andiamo compiendo da un lato all’altro del pianeta, sembra avvertirci che, proprio in quel percorso, in quello strano luogo dove si depositano la luce e il tempo, può accadere di incappare in un’epifania quando «i ricordi si mescolano» e in quell’incontro «emerge qualcosa di grande, di intangibile, di lontano».

IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)

—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

L’EBOOK:
—>>>Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza” da Einaudi
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

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NOVITA’:
Il nuovo libro di Federico Pace, “La libertà viaggia in treno” (Laterza), è in libreria a partire da giugno 2016.