Oltre Guayaquil, lungo le ferite dell’America Latina
di FEDERICO PACE
Da Lima, dalla capitale del Perù, parte alle tre del pomeriggio un autobus della Cruz del Sur che ha come destinazione Tumbes, la città che sta al confine con l’Ecuador. Quello è l’autobus che devi prendere se vuoi andare a Guayaquil. È bene però, prima di salirci, come si deve sempre fare prima di ogni viaggio in cui ci si immagina di dover rimanere seduti per lungo tempo, pensare a cosa indossare. Se non si vuole che poi ci si rammarichi quando, mentre l’autobus procede lungo la sua strada e si prova a schiacciare un pisolino, si rimanga sorpresi e afflitti per quello sfregar di tessuto contro tessuto, per quell’intesa che l’abito avrà di certo con il sedile. Al trascorrere del tempo, le pieghe dell’abito, così come le rughe di un volto, non fanno che incresparsi ancor di più, e difficilmente ci si potrà presentare a qualcuno con quegli stessi indumenti senza provare un poco di vergogna.
IN LIBRERIA:
—>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)
—>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)
In tutto ci sono da percorrere quasi mille e duecento chilometri e si tratta di rimanere seduti per quasi sedici ore. Si attraversa il distretto di Ancash, La Libertad e Lambayeque. Le città che si passano hanno nomi come Huacho, Barranca, Chimbote, Trujillo, Puerto Chicama e Piura. Quando nella seconda metà di settembre del 1954, Ernesto Che Guevara partì da Lima insieme a Carlos «Calica» Ferrer, i due avevano già attraversato le terre ferite di quella parte d’America. Erano partiti appena conseguita la laurea in medicina. Erano stati sulle alture di Machu Picchu e in altri luoghi viaggiando sempre a bordo di bus dove le galline non esitavano a rilasciare i resti della loro digestione insieme a «un odore insopportabile».
Gli autisti di quel tempo, se colpiti da attacchi di sonno, chiedevano ai passeggeri se c’era qualcuno che se la sentisse di guidare al loro posto. Né Ernesto, né Calica, che in quel punto del viaggio avevano ancora l’aria di due bohémien con indosso abiti quasi eleganti, ebbero mai il coraggio di proporsi come autisti e rimasero seduti, a stropicciare abiti, sui loro sedili. Andavano verso l’Ecuador. Non sapevano ancora se avrebbero davvero proseguito verso il Venezuela per raggiungere il vecchio amico Alberto Granado.
Il 3 settembre, da Lima, proprio prima di partire per Guayaquil, Guevara scrive a Tita Infante, una sua ex ragazza per raccontarle come sta andando il viaggio e poi le confessa di non avere ancora chiaro il percorso. Cuba non era ancora neppure nella sua mente. Dice di sapere «molto poco di dove sono diretto e ancora meno quando». Accenna a qualche meta distante, «pensiamo di andare a Quito e poi a Bogotá e Caracas», ma «della strada in mezzo» non sa nulla.
Il bus percorre la Carretera Panamericana e costeggia l’oceano che in queste aree è gelido per la corrente di Humboldt prodotta da venti occidentali che man mano che si avvicina alle coste dell’America del Sud viene deviata verso l’equatore. Ferrer racconta che lungo quella costa dalla bellezza inarrivabile, nonostante il calore intenso di queste parti, dovettero resistere alla tentazione di gettarsi nell’acqua per evitare di venire assiderati.
Piano piano mentre si avvicinano al confine sentono crescere la tensione. Tra Perù e Ecuador c’è un’antica tradizione di battaglie. I due parteggiavano per i peruviani ma non potevano che passare per l’Ecuador per andare a nord e arrivarono a Piura dove si fermarono per un giorno intero. L’asma non lasciò tregua, come in molti punti di quel viaggio, ed Ernesto, dietro insistenza di Calica, accettò di risposare. Il giorno dopo ripartirono per Tumbes. Loro, a differenza, di chi viaggia oggi, riuscirono a viaggiare in bus quasi senza pagare nulla. Restarono sull’autobus per tutto il giorno.
Da Tumbes il pullman parte intorno alle quattro del pomeriggio. Da qui si va verso il confine con l’Ecuador: Zarumilla e Aguas Verdes. Da Aguas Verdes con la compagnia Pullman Ecuatoriana si arriva a Guayaquil dopo avere viaggiato per altre quattro ore di viaggio. Da Guayaquil, da quella città in cui lui e Calica si separarono, il 21 ottobre del 1953, «Che» scrisse alla madre per parlarle, tra l’altro, della fine che aveva fatto il suo abito dopo tutto quell’andare. E della sua trasformazione. «Ti scrivo questa lettera sulla mia nuova posizione come totale avventuriero. Il tuo magistrale abito, perla dei tuoi sogni, ha perduto la vita eroicamente in un negozio di abiti usati, e lo stesso è successo a tutte quelle cose non necessarie del mio bagaglio». Arrivò in Guatemala nel 1954. Poi il Messico nell’agosto del 1954, prima di arrivare, in quella sua prima essenziale meta che si svelò essere Cuba, nel dicembre del 1956.
Solo ad alcuni è riservato, durante l’esiguo tempo di un viaggio o di una vita, di cambiare la propria natura, da turista, prima in viaggiatore, poi in rivoluzionario. Solo a pochi è riservata l’occasione di trasformare la propria essenza da un Ernestito in un «Che». A tutti gli altri, non resta che mostrare, dopo un lungo viaggio, con orgoglio trattenuto le pieghe del proprio abito stropicciato.
IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)
L’EBOOK:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza” da Einaudi
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)
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NOVITA’:
Il nuovo libro di Federico Pace, “La libertà viaggia in treno” (Laterza), è in libreria a partire da giugno 2016.