Il trenino di Darjeeling e la giustizia poetica della geografia
di FEDERICO PACE
Nella natura intima del treno c’è l’andare diritto e in piano. La rotaia d’altronde nasce con l’obiettivo di portare al minimo le asperità del terreno. Così, si può andare il più veloce possibile con il minor impiego d’energia. Ma, alle volte, per andare in un posto, si devono seguire zig-zag e serpentine e ci si deve prendere tutto il tempo che occorre. Più di quanto non sembri necessario. E, pure se i chilometri da percorrere sono pochi, se davvero si vuole arrivare fino alla meta, si deve essere pronti alla pazienza. Perché quel luogo, altrimenti può arretrare fino a essere inaccessibile. In occasione del discorso di ringraziamento che il poeta Josef Brodskij pronunciò alla consegna del premio Nobel, disse che per arrivare da San Pietroburgo, la città dove era nato ma dove non viveva da anni, a Stoccolma, la strada fu tutt’altro che semplice. Diceva delle peripezie della vita, l’esilio a cui era stato costretto, le fatiche e i tremori. Ma parlava anche delle avventurose forme della terra e delle diversioni che l’uomo deve fare per seguire quelle pieghe. Non se ne doleva. Spiegò che, per un uomo come lui, la nozione secondo cui una linea retta è la via più breve per mettere in contatto due luoghi «ha perso la sua attrazione molto tempo fa». E aggiunse: «Mi fa piacere scoprire che la geografia a sua volta sia capace di una giustizia poetica».
IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)
In India c’è un treno che impiega sei ore per coprire la distanza d’ottantotto chilometri da New Jalpaiguiri a Darjeeling. E lo fa seguendo l’orografia complessa della zona tra il Bengala e il Nepal. Niente linee dirette. Niente linee in pianura. Questo trenino porta un piccolo contributo, a suo modo, con uno sferragliare a vapore, faticoso e bizzarro, alla poeticità della geografia. Lo fa seguendo volte strette e spirali che paiono strozzare il treno su se stesso. Lo fa per potere salire fino ad una valle altrimenti irraggiungibile.
Tutto il convoglio sta in una locomotiva a vapore e tre vagoncini. La Darjeeling Himalayan Railway, così si chiama quello che per molti è solo un treno giocattolo, fu costruita tra il 1858 e il 1881 ed è una sorta di miracolo tecnologico che sale, a una velocità di dieci chilometri l’ora, dall’umidità opprimente della pianura fino all’aria frizzante delle vette. Questo treno, si può dire, prese vita da un seme della pianta del tè. Era il 1839 quando il Darjeeling venne scelto dalla Compagnia dell’Est delle Indie, dopo una spedizione in questa zona, allora quasi deserta, che si trova a duemila metri d’altitudine al confine con il Nepal. Da allora qui si coltiva uno dei migliori tè del mondo.
Si parte, intorno alle nove del mattino. Il treno si muove lento lungo la pianura del Bengala occidentale e poi, verso la stazione di Sukna, comincia a salire tra gli alberi di teak. Da qui cominciano le prime curve. Il treno supera una pendenza molto ripida tra zig-zag e grandi volte che fanno incrociare la ferrovia in numerose spirali in modo da ascendere rapidamente ed evitare di dovere superare una pendenza altrimenti troppo ripida. Sono tanto geniali le soluzioni tecniche, tanto mozzafiato il paesaggio, tanta l’utilità sociale di questo piccolo treno che l’Unesco nel 1999 ha deciso di metterci sopra la sua ala protettrice e lo ha nominato patrimonio dell’umanità. Ai tempi del fulgore dell’impero inglese, all’andata portava il riso e le lettere per chi era qui a soggiornare, al ritorno portava a valle il tè. Poco prima della stazione di Gyabari la curva del treno pare far sporgere la locomotiva e i vagoni sugli abissi della valle. Poi si arriva a Ghoom, il punto più elevato a 2600 metri. Tra gli enormi pini himalayani, l’intero paesaggio della valle con le piante tropicali del Bengala e le cime innevate del Kanchenjunga a 8579 metri. Con questo treno, con questo piccolo tratto di 88 chilometri, Calcutta si aprì la strada verso Darjeeling.
Su questo treno non salirono solo i commercianti di tè e i ricchi turisti inglesi dell’epoca. Il dieci settembre del 1946 partì da Calcutta, diretta a Darjeeling una trentenne che si chiamava Agnes Gonxha Bojiaxhi. Si recava al convento di Loreto. Quel giorno su quel treno, la giovane ricevette quella che poi lei avrebbe chiamato «la chiamata dentro la chiamata». In quel percorso decise di lasciare il convento di Calcutta e aiutare i poveri. Dovette aspettare l’agosto del 1948 per lasciare l’ordine e rimanere allo stesso tempo una religiosa. Il 16 agosto del 1948 indossò il sari bianco con i bordi blu. Da allora prese il nome di Madre Teresa. Non sono sempre le strade più dirette a condurci alla nostra meta.
IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)
L’EBOOK:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza” da Einaudi
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)
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NOVITA’:
Il nuovo libro di Federico Pace, “La libertà viaggia in treno” (Laterza), è in libreria a partire da giugno 2016.