L’Irlanda e il fiore turchino madido di pioggia
di FEDERICO PACE
Qualcuno argomenta le proprie scelte parlando a fondo della panoramicità di un finestrino. Altri affermano decisi, per ragioni che rimandano alla fugacità della vita, di dovere ricorrere, seppure a malincuore, a quei velivoli che si staccano da terra con un rombo che assorda. Per Stephen Dedalus, alter ego di James Joyce, si tratta invece di sapere distinguere a seconda delle mete. Così per andare in città, dice, è bene utilizzare i «frequenti collegamenti ferroviari» mentre quando si è in campagna è bene utilizzare il velocipede.
Da Galway, la città di origini normanne che sta nella costa occidentale irlandese, ci sono numerosi itinerari ciclabili che corrono in quello spazio di rilucenti acque e primitive visioni. Per raggiungere la cittadina di Oughterard si può andare verso occidente lungo la costa verso Spiddle e Ros an Mhil. A sud si intravedono le isole Aran. Oppure si può scegliere di salire direttamente verso nord lungo una strada che va diritta e si lascia alle spalle il mare.
IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)
Verso Oughterard a cavallo di una bici, venne visto anche James Joyce. Galway era la città dove era nata Nora Barnacle, la donna che aveva incontrato otto anni prima a Dublino e che gli era rimasta sempre al fianco. Anche nella fuga dall’Irlanda. Era arrivato lì, nell’estate del 1912, per la prima volta insieme a Nora. Lui che all’Irlanda intera riservava parole di fuoco e odio e che ora, quasi paradossalmente, ne è diventato il simbolo, per quello spicchio di terra e acqua, per quell’antro verde a ovest della Dublino che riteneva essere una città di «fallimenti, di rancori e di infelicità», aveva invece parole di intimo amore. Prima di quell’estate ci era stato un’unica volta. Da solo. A conoscere la madre di Nora e i suoi parenti. Alla moglie che era rimasta a Trieste, qualche mese dopo, scrisse da Dublino: «domattina parto per Cork, ma preferirei andare verso ovest, verso quegli strani luoghi i cui nomi sulle tue labbra mi elettrizzano, Oughterard, Claregalway, Coleraine, Oranmore, verso i campi selvaggi del Connacht ove Dio ha fatto crescere “il mio bel fiore selvatico dei rovi, il mio fiore turchino madido di pioggia”».
Lungo queste terre di felci, torbiere, pozze d’acqua che diventano laghi, riverberi e brughiere, il paesaggio può sembrare primitivo e grezzo. Tra le ragioni che fanno propendere per la bici per andare da un luogo all’altro, taciuta per lo più, ma essa valida più di altre, c’è quella che su un biruote, si può respirare per davvero. Aleksandr Solženicyn, che tra il 1958 e il 1960, fece un viaggio in bicicletta in altre terre, parla di quell’inarrivabile profumo dolciastro che offre quell’etereo nutrimento. Lo aspira a pieni polmoni e di quell’aroma arriva a impregnarsene. Non fa che respirare. A occhi aperti e a occhi chiusi. Senza riuscire a dire quale sia, delle due modalità, quella che preferisce. «Non vi è al mondo alimento, – arriva a dire, – non c’è vino né bacio di donna più dolce per me di un’aria come questa, un’aria piena di fiori, umida e fresca».
Fino a Ros an Mhil il tratto di strada è pianeggiante poi, da lì, quando ci si dirige verso Oughterard la strada comincia a salire. Da queste vette si comincia a vedere il profilo del lago Corrib. Si può immaginare che Joyce lungo quella strada abbia per qualche attimo provato, oltre che a una specie di fatica, anche un misto di rabbia, fastidio e gelosia. A Oughterard voleva visitare il cimitero che aveva descritto, senza mai vederlo, nell’ultimo racconto di Gente di Dublino e dove aveva trovato riposo il giovane che aveva amato Nora prima di lui.
Quando si arriva a Oughterard si giunge sugli orli di quel grande specchio d’acqua che è il lago Corrib. Ed è come se l’acqua alla fine sia riuscita a prendere il sopravvento in quella competizione continua con il verde e la terra che sembra punteggiare tutta la strada. Joyce proseguì. Non si fermò alle prime case del paese e salì fino alla collina. Il cimitero, in quella sua forma concreta, ai suoi occhi, al termine di quel breve viaggio, svelò una forma assai simile a quella che aveva immaginato alla fine del racconto, quando «sulla collina», la neve «si ammucchiava alta sulle croci contorte, sulle pietre tombali, sulle punte del cancello, sugli spogli roveti». Dopo quel giro in bici, dopo che il suo editore, per gli ennesimi contrasti, rifiutò la pubblicazione di Gente di Dublino, James Joyce, che allora aveva meno di trent’anni, decise che non sarebbe mai più tornato nella sua odiata Irlanda. Neppure in quello spicchio di ovest che aveva amato e che gli ricordava il corpo di lei «musicale, e strano e profumato».
IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)
L’EBOOK:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza” da Einaudi
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)
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NOVITA’:
Il nuovo libro di Federico Pace, “La libertà viaggia in treno” (Laterza), è in libreria a partire da giugno 2016.