A piedi sul Ponte di Brooklyn
di FEDERICO PACE
All’inizio neppure si vede. Quando da Brooklyn, all’incrocio tra Tillary e Adams Street, si compie il primo passo su quella lingua di marciapiede, in lontananza si scorge solo il cielo azzurro mentre ai lati qualche palazzo si alza verso altezze che si direbbero tutt’altro che mastodontiche.
Se non fosse per la segnaletica stradale verde che sta in alto, se non fosse per quella scritta bianca, non si direbbe neppure che da lì a poco si sta per passare sul ponte di Brooklyn (lungo un chilometro e 825 metri, largo 26 metri e costruito tra il 1867 e il 1883). Poi, quando la strada compie una specie di gomito verso sinistra, a quel punto si cominciano a intravedere le torri lontane e a intuire il fitto reticolo di cavi e acciaio che salgono verso il cielo.
IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)
Allora, pian piano la strada pedonale comincia a salire e, passo dopo passo, chi cammina pare sollevarsi, mentre le automobili, sulle loro corsie che corrono parallele, sprofondano verso il basso. Forse non è un caso se per più di uno, nella città dei grattacieli, nella città dove ogni cosa cerca la sua fuga verso l’alto, sia proprio un ponte, insieme al Central Park, la più importante opera di architettura della città. Due luoghi dove si va per camminare.
In una foto di Walker Evans (guarda alcune foto di Walker Evans al ponte di Brooklyn), ripresa dalla banchina del fiume alla fine degli Anni Venti del secolo scorso, in una di quelle prime immagini pubblicate dal fotografo, si vede il dorso, nero e cupo, di quell’opera di ingegneria che si protende contro un cielo bianco. Si direbbe la spina dorsale che tiene insieme l’intera volta celeste.
Su questo tratto di mondo, così vicini a quel luogo in cui nel settembre di qualche anno fa s’è aperto d’improvviso un vuoto cratere, passano centinaia di milioni di persone l’anno. Quasi tutti quelli che vanno lungo la linea gialla che separa i ciclisti dai pedoni vanno a un passo veloce e serrato.
Quando Max Webber, il sociologo che trascorse l’infanzia negli Usa, tornò da adulto a New York, non potè evitare di passare qui sopra. Non gli piaceva chi si azzardava a dare descrizioni su una città dopo qualche giorno di permanenza, seppure dopo solo tre giorni che si trovava a New York, spedì una lettera alla mogilie Helen per raccontarle di avere provato sul ponte, in una passeggiata delle sei del pomeriggio, la impressioni più potenti di New York.
Il correre delle vetture, i treni, le navi giù nell’Est River, quel costante ruggire e sibilare, insieme alla magnifica vista delle fortezze della città, gli fecero pensare che il ponte fosse “il più appropriato simbolo di quello che sta accadendo qui” (…continua)
IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)
L’EBOOK:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza” da Einaudi
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)
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NOVITA’:
Il nuovo libro di Federico Pace, “La libertà viaggia in treno” (Laterza), è in libreria a partire da giugno 2016.
I ponti di New York, documentario del National Geographic