In Bretagna, Cioran e i pomeriggi in bicicletta

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di FEDERICO PACE

Qui Paul Gauguin venne a cercare, lontano da Parigi, tranquillità e selvatichezza. Qui iniziò il suo viaggio verso un paradiso perduto, verso i boschi dove poter «vivere d’estasi, di calma e d’arte» lontano dalla «lotta europea dietro al denaro». Questa è una terra di paesaggi e biciclette. Poco distante da Port-Louis, a Laval, in anni eroici nacque il patafisico Alfred Jarry. L’autore teatrale adorava la bici a un punto tale da portarsi sempre vicino al letto la sua Clément 98, una bici da corsa professionale acquistata con delle rate che riuscì a non pagare mai. A chi gli chiedeva a cosa diavolo gli servisse la bici in quel posto, lui rispondeva che la utilizzava «per girare in casa». Corto di gambe, sotto il metro e sessanta doveva fare una certa fatica in pianura a far girare i pedali. In una foto lo si vede, dritto sui pedali come un grimpeur, mentre sbuca dalla destra e impugna il manubrio con una stretta decisa.

IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

Da uno di quei porti della Bretagna, da dove partono le navi che vanno a cercare il pesce nelle acque fredde del mare del Nord, prende il via il giro in bici che attraversa gli orli di questa terra orgogliosa. A bordo di un battello, si raggiunge Guidel e poi si va verso Pont-Aven. Nel primo giorno di viaggio si possono percorrere fino a sessanta chilometri. La fatica si fa sentire. Soprattutto all’inizio, quando si deve prendere l’abbrivio. Per fortuna che, su ciascuna bici, anche quando si è da soli, si è sempre in due. Sopra di una sella, nello spazio esiguo di un telaio che arriva fino all’approdo del manubrio, si consuma, infatti, il paradosso del passeggero che, di quel trabiccolo, è anche il combustibile. Così mentre si sta seduti su quell’insolito mezzo di trasporto, all’interno dei confini gommati delle ruote, per quell’io che sta intento a mettere insieme la propulsione naturale, c’è n’è un altro che trova il modo di raccogliere con lo sguardo, senza dimenticare di respirare, la più ampia parte di verde e azzurro.

Anche il filosofo romeno Emil Cioran girò la Bretagna. Anche lui sperimentò la doppia natura del ciclista. Quella strana sensazione di essere, nel medesimo istante, passeggero e combustibile. In quel dialogo con se stesso, che erano i diari che andava scrivendo giorno dopo giorno, tornava a parlare spesso di quel giro realizzato quando era giovane. Da poco passati i cinquant’anni, il 14 luglio del 1962, appuntò sulla pagina bianca i ricordi che risalivano a prima della guerra, quando girava per la Bretagna e non si dispiaceva affatto di imbattersi nelle «piogge nell’isola di Bréhat, a Pointe du Raz, a Pont-Aven! E le avventure con le maestre negli ostelli!» Poi, quando, infine, in lui prevaleva il registro che declinava verso una lucidità spietata, aggiungeva: «Allora mi annoiavo all’aperto, ora mi annoio fra quattro mura».
Il giorno successivo si va da Pont-Aven verso la costa fino a Concarneau e poi, sempre sul litorale, si arriva a Fouesnant. Da qui si rientra poi verso l’interno per giungere alla città di Quimper. Quei giorni in bici a Cioran rammentavano tempi lieti che a Parigi non sarebbe più riuscito a ritrovare. Anche quando scriveva i suoi diari mandava a memoria i luoghi come se potessero lenire, anche dopo tutto quel tempo, le sofferenze che provava. «Roscanvel, Rostrenen, Locq Marianquer (?), le spiagge di Lilia; se non sapessi che cos’è il rimpianto, il vostro nome me lo farebbe scoprire».

Delle due nature del ciclista, Cioran sembrò apprezzare soprattutto quella intenta a produrre il combustibile. Anche perché, mentre creava e dissipava energia, si liberava del pensiero. Quando il filosofo romeno cominciò a scrivere in francese, si ritrovò d’improvviso in compagnia dell’insonnia. Contro quell’insistente inquilina, si sa, non esiste alcun tipo di rimedio che sia universale e sempre valido. Per scrollarsi di dosso quel manto pesante, Cioran si costringeva a estenuanti corse in bici. Di notte, pur di riuscire a trovare la strada verso il sonno, girava sulla bici intorno ai Giardini del Lussemburgo. Nella pedalata, in quella forma d’iterata fatica ciclistica, finiva per trovare il sollievo di chi non poteva che portare se stesso verso lo sfinimento. «Per me la felicità, – confessò, – consiste nella fatica fisica, nell’impossibilità di riflettere, nell’annullarsi della coscienza. Come smetto di muovermi, mi riprende il canard e tutto ridiventa impossibile».

Il percorso prevede poi di salire ancora verso nord e toccare la città medioevale di Locronan. Mentre si pedala vengono coinvolti i muscoli che interessano la coscia, la tibia e il piede. E se si vuole evitare di fare troppa fatica bisogna farli lavorare un po’ tutti. Prima di tutto, dicono gli esperti, bisogna evitare di fare leva solo sulla coscia. In quel difficile equilibrio tra spinta e trazione, che è una pedalata, bisogna permettere al piede di spingere il pedale in avanti, poi verso il basso e quindi tirarlo indietro, poi ancora in alto. Bernard Hinault, il bretone che ha vinto cinque giri di Francia, quando era piccolo, per andare a scuola, faceva ogni mattina quindici chilometri in sella a una bici. La due ruote su cui saliva era una Rondinella ed era arrivava da Saint-Étienne, la capitale della bicicletta, dove negli anni Venti e Trenta si concentravano più di cento aziende produttrici e usciva l’80 per cento delle bici del paese. Hinault non aveva un fisico da sportivo, sembrava semmai un contadino o un operaio. Era forte e nelle sue imprese ha sempre mostrato una pedalata rotonda e completa. Quasi mai affaticato. Arrivò subito dopo gli anni di Eddy Merckx, l’uomo che sulla bici non sembrava finire mai la sua energia. Eppure il bretone disse di non avere paura di Merckx. Anche il «cannibale», diceva spavaldo Hinault, aveva due gambe come lui.

Al quarto giorno il percorso prevede poco meno di cinquanta chilometri e si gira intorno alla baia di Dournanez, si attraversa la penisola di Crozon per poi arrivare a Camaret-sur-Mer. Il giro si conclude passando per le falesie fiorite di Cap de la Chèvre dove s’infrange l’oceano e poi al porto di Brest. Quando Alfred Jerry giunse al termine del suo percorso, la bici, quella Clément di lusso, scomparve e nessuno ne seppe nulla. Dalle sue stanze di Parigi, lontano da quei giri in Bretagna, Cioran che vedeva se stesso come un corridore ritiratosi da una corsa che si mette a meditare su di essa, aveva poi avuto modo di confessare che «tra l’utopia e il nichilismo c’è un territorio di felicità relativa, di pomeriggi in bicicletta».

IN LIBRERIA:
—>>>“Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”, Federico Pace (Einaudi)

—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

L’EBOOK:
—>>>Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza” da Einaudi
—>>>“La libertà viaggia in treno”, Federico Pace (Laterza)

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NOVITA’:
Il nuovo libro di Federico Pace, “La libertà viaggia in treno” (Laterza), è in libreria a partire da giugno 2016.